PRESENTAZIONE A CURA DI UMBERTO SINATTI

SINATTI Umberto, direttore generale dell'Isiao. Buonasera a tutti gli intervenuti e un sentito ringraziamento per la loro partecipazione.

Mi chiamo Umberto Sinatti, sono il direttore generale dell'ISIAO ed ho il gradito compito di portarvi il saluto del Presidente dell'Istituto, professor Gherardo Gnoli, che ben volentieri ha ospitato il bellissimo lavoro della dottoressa Scarponi: è davvero un onore avere una manifestazione di questo tipo.

Non mi dilungherò molto tempo con discorsi di circostanza che non sono il mio genere, ma quando questa proposta è pervenuta all'Istituto l'abbiamo accettata molto volentieri perché ci siamo trovati di fronte ad un vero e proprio atto d'amore nei confronti dell'Africa, seppur di una specifica zona. E questo rientra profondamente nelle corde di questo Istituto che voi sapete per la parte africanistica è stato fondato più di 100 anni fa e per la parte orientalistica nel 1933.

Una delle idee portanti, tipiche della cultura dell'Istituto, è quella che è alla base della conoscenza - lo diceva Giuseppe Tucci ed aveva l'autorità per dirlo - non può che esservi l'amore.

Volendone dare una interpretazione concreta devo dire che l'iniziativa della dottoressa Scarponi si situa in un filone in cui noi crediamo moltissimo, sia per l'Africa che per l'Asia, che è quello di comprendere le culture di questi popoli, capire quali dignità esse abbiano, pari alla nostra, ed anche se diverse non per questo possono essere definite in alcun modo inferiori.

D'altro canto è proprio sulla base - passo ad un'altra linea di direzione dell'Istituto -  del riconoscimento dell'autonomia e dell'identità e della dignità di queste culture che si può uscire dalla cronaca - scusate - "nera e sentimentale" che spesso si fa sull'Africa e in parte anche sull'Asia per cui si continua a non voler vedere quanto di buono sta venendo avanti in quei continenti; vedi in particolare in Africa, ed in alcune sue parti in particolare.

E questo non lo si vuol vedere - francamente -  per ignoranza e per non avere, per esempio nel caso dell'Africa, mai saputo che sono esistititi nel passato imperi di dimensioni incredibili, popolazioni che hanno avuto forse solo la sventura di non lasciare tracce scritte e quindi sono per noi meno intellegibili ma che nondimeno hanno una identità forte e da rispettare, identità che pian piano sta traslando nella modernità.

Quindi noi crediamo profondamente che è necessario guardare alle loro tradizioni, al passato, inteso come elemento di identità per vedere come essa sta entrando prepotentemente nel mondo moderno, sempre di più presente, ed esso  costituisce per noi un interlocutore importante da qualsiasi punto di visita.

Questa è la missione dell'Istituto cui noi teniamo moltissimo e in cui crediamo fortemente e che è assolutamente coerente con il bellissimo lavoro della dottoressa Scarponi, cui rivolgo personalmente il mio più sentito ringraziamento.

Grazie a tutti voi e buona serata.


SCARPONI Emanuela, menmbro onorario ordinario del'Isiao, autrice. La mostra fotografica sugli Himba della Namibia è il segno da tempo auspicato dell'attenzione che l'IsIAO, erede e continuatore dell'IsMEO, presta alla civiltà africana non solo con una imponente serie di studi, ricerche e pubblicazioni, ma anche con un impegno costante nell'opera di diffusione culturale mediante mostre, convegni e manifestazioni di vario genere.

Con la mostra sugli Himba della Namibia l'Istituto intende presentare un popolo, sopravvissuto con la sua cultura, i suoi valori e le sue pratiche rituali.

Essa è stata resa possibile dalla raccolta di un significativo e ricco materiale fotografico e audiovisivo nonché note di viaggio, ad opera di Emanuela Scarponi, che ha curato anche il catalogo disponendoli in modo tale da tentare di esprimere una esperienza continuata, pluriennale, di viaggio in Namibia, intesa come occasione di transizione dialogata e consensuale: gli attori sociali sono riconosciuti in quanto tali all’interno di un mondo in rapido cambiamento e in rapporto all’osservatore proveniente dall’esterno. Risulta così che la stessa autrice del catalogo, destinato a illustrare una mostra ricca di spunti riflessivi, sia attrice all’interno di un processo di dialogo con lo “altro” e non agita dal complesso degli stereotipi occidentali relativi all’Africa.

Ringrazio il direttore generale per avermi così bene introdotto, soprattutto in riferimento alle tematiche di diretto interesse dell'Isiao ma che sono altresì oggetto della mia iniziativa.

Questo Istituto è l'unico e reale punto di riferimento per molti giovani che, attratti dagli studi di settore, intendono approfondire le relative tematiche per l'Africa e per l'Asia. E ad esso sono rimasta sempre legata, sin dagli anni dell'università e dalla stesura della mia tesi sull'Opera teatrale di Wole Soyinka, che ha segnato la mia vita definitivamente.

Questo Istituto mi ha permesso di aprire le porte di questo nuovo mondo, sconosciuto ai più, dell'Africanistica, prima dal punto di vista letterario poi geografico, storico, linguistico ed infine antropologico e mi ha trasmesso quei valori, che hanno costituito le fondamenta portanti della mia vita.

Ho sempre creduto che fosse una mia missione quella di trasmettere le conoscenze acquisite nei tanti viaggi effettuati in questo continente agli altri e così ho tentato di fare.

Questo è quanto. Ringrazio tutti per la loro partecipazione a questo evento e lascio che le immagini di questa Africa spesso dimenticata raggiungano l'anima di tutti, appagandola e arricchendola di nuove ed affascinanti sfaccettature del nostro pianeta.

 


Prefazione

Sappiamo da tempo che la transizione è la condizione dell'essere in società. Questa condizione ci lascia rilevare ipso facto quanto nel mondo siamo attori e quanto siamo agiti. Del resto, proprio l'antropologia si occupa attraverso l'etnografia di ricercare e poi di riflettere sulle implicazioni e i significati dell'essere nel mondo e dell'esser-ci nella società. Si tratta dunque di una continua interazione e di un continuo dialogo in sintonia, seppur precaria, con 1'"altro" e con l'"alterità". Ed il primo passo verso la costruzione del dialogo è rappresentato dal viaggio e quindi dall'incontro. Ed il viaggio vale in entrambe le dimensioni: "andare lì, venire qui". Che si tratti di turisti, e meglio ancora di etnografi, o dì immigrati, proprio lo spostamento offre l'occasione di incontro, forse di conoscenza, soprattutto di dialogo.

Ex Africa semper aliquid novi: dall'Africa aspettiamoci dunque sempre novità. Ma questo "nuovo" consiste non tanto nelle favolose descrizioni di esotici e sorprendenti mondi, lontani nello spazio e nel tempo, figli delle fantasie e delle angosce di un Occidente alla ricerca di se stesso, un se stesso intravisto -più spesso costruito, proprio costruendo lo "altro"» in forma inversa e speculare nelle società altre; quanto, piuttosto, il "nuovo" consiste in ciò che accade -foriero di cambiamento- ad ognuno di noi in quanto viaggiatore, a noi in quanto membri della comunità, della società. Come esprimiamo a noi stessi l'esperienza dell'incontro? Ed una volta tornati a casa, cosa raccontiamo nella nostra società a proposito della possibilità di dialogo con lo "altro"?

Ecco, è parte costituente del viaggio, dell'incontro con altre società, svolto da professionisti o più semplicemente da appassionati, proprio il racconto dell'esperienza. Ed è parte di un impegno etico e civile che il racconto apra al dialogo, allontanandosi da stereotipi oggettivanti e, peggio ancora, reificanti l'alterità.

Emanuela Scarponi ha raccolto numerosi materiali audiovisivi e note di viaggio, disponendoli in modo tale da tentare dì esprimere una esperienza continuata, pluriennale, di viaggio in Namibia, intesa come occasione di transizione dialogata e consensuale: gli attori sociali sono riconosciuti in quanto tali all'interno di un mondo in rapido cambiamento e in rapporto all'osservatore proveniente dall'esterno. Risulta così che la stessa autrice del catalogo, destinato a illustrare una mostra ricca di spunti riflessivi, sia attrice all'interno di un processo di dialogo con lo "altro" e non agita dal complesso degli stereotipi occidentali relativi all'Africa.

Il complesso quadro etnico della Namibia viene qui ridato con riferimenti all'etnologia, all'archeologia, alla linguistica e alla sociologia, oltre che all'antropologia sociale e culturale. I gruppi etnici Khoi e San come pure Bantu sono descritti in prospettiva storica nelle loro interrelazioni e nelle loro relazioni con il mondo degli Europei. Ma anche il contesto geografico, ecologico, botanico ed astronomico sono illustrati in modo da offrire spunti per la comprensione della complessa cosmologia e etnogonia di queste società, spesso chiamate - talvolta correttamente, più spesso impropriamente - "popoli", "popolazioni", "genti", "culture" ecc. nei diversi tempi e a secondo dei diversi approcci scientifico-disciplinari dai precedenti viaggiatori, funzionari e studiosi dell'Africa australe.

La straordinaria ricchezza artistica di queste società -ma anche tecnologica, ovvero contestuale all'ambiente- viene presentata in stretta relazione con l'organizzazione sociale, sia essa matrilineare o patrilineare, che ne ha permesso la produzione nel passato come nel presente. Ogni donna, ogni uomo degli Himba, ad esempio, viene allora riconosciuto dall'autrice nel suo essere persona, attore sociale con i suoi ruoli e nel suo status.

E, attraverso questo riconoscimento, anche i visitatori della mostra e i lettori del catalogo sono chiamati a prendere parte all'incontro con lo "altro" e invitati a perseguire un dialogo fra personae.

 

 

 

In questo dialogo, l'uno e l'altro potranno riconoscere il "nuovo", ovvero ciò che permette una

transizione cosciente e graduale, meglio ancora consensuale.

L'Africa è qui, non più un Continente lontano. Con le sue società, i suoi visitatori, diplomatici e

uomini d'affari, professionisti e lavoratori, l'Africa è fra di noi.

La mostra organizzata presso l'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente e il presente catalogo sono

dunque da intendersi come un omaggio in particolare alla Namibia ma anche all'Africa tutta. Un

omaggio alla sua complessità e varietà, alla sua storia e alle sue culture, al suo passato e al suo

futuro: ex Africa semper aliquid novi.

Antonio Luigi Palmisano Università di Trieste


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