CONFERENZA SU "La Namibia e i suoi popoli", tenutasi presso il Ministero degli affari esteri il 1 ottobre 2010. Sala Aldo Moro

I lavori hanno inizio alle ore 12,30.

Ambasciatore FERRARIS, ambasciatore, coordina i lavori.

Ringrazio tutti coloro che hanno inteso partecipare a questa iniziativa.

Sono presenti la senatrice Tullia Carettoni, presidente onorario dell'Istituto italo-africano e per l'Oriente; professor Gianluigi Rossi, preside della facoltà di scienze politiche dell'università La Sapienza di Roma; dottor Johannesen, console onorario della Namibia in Italia; dottor Baistrocchi, ambasciatore italiano in Namibia, dottor Tresoldi, direttore dell'Ente nazionale del turismo della Namibia in Italia; professoressa Scarponi, socio onorario ordinario dell'Isiao, promotrice della presente iniziativa.

Vorrei dare subito la parola alla senatrice Carettoni.

Tullia CARETTONI, presidente onorario dell'Isiao. Sono un po' imbarazzata da tutti i complimenti che mi sono presa: le privilège de l'age - dicono i francesi - ahimè! Sono molto contenta di essere qui e di portare a voi il saluto e l'augurio dell'Isiao.

Abbiamo ospitato questa mostra all'Isiao e ne fa fede il bel catalogo, che è costato molto impegno - ed è un ottimo lavoro - alla dottoressa Scarponi che veramente, non solamente per la bella raccolta di fotografie, ma anche per le molte notizie e le molte riflessioni che ci sono nella introduzione è un elemento veramente prezioso.

Poiché la lettura di queste considerazioni, il dibattito che voi seguirete e quello che voi sapete è già molto, mi limiterò ad una sola riflessione con un piccolo approfondimento sulla Namibia.

È una riflessione molto comune. Il mondo sta cambiando: i vecchi equilibri sono caduti, ne nascono di nuovi e nascono nuovi protagonisti. Il mondo non ha più i vecchi protagonisti ma tanti grandi nuovi protagonisti e certamente tra questi c'è il continente africano, e sicuramente alcuni suoi Stati in particolare.

È una situazione dunque molto cambiata, in un momento di grave crisi economica e politica che qualche volta è devastante: se pensiamo al rapporto in molti Paesi guerra-pace o pace-guerra, quale è, vediamo che i suoi fattori devastanti sono tuttora ed in parte in atto anche nel continente africano.

Il problema di fronte a noi è quello di vedere come si fa ad uscire da questa situazione e per quali strade il mondo può uscire da questa crisi che ormai molti dicono essere una crisi non solo mondiale, sociale e politica ma probabilmente di sistema.

Una crisi di questo peso, soprattutto se di sistema, è un guaio. I guai in generale vengono pagati sempre di più dai meno fortunati, da chi è più indietro nei processi di sviluppo. Però, vi è anche un'altra verità: molte volte dai momenti di gravissima crisi emerge un impegno diverso e nuovo di risorse, anche nuove o rinnovate - vuoi materiali, vuoi spirituali, vuoi umane - che proprio dal turbine dei cambiamenti riescono ad individuare delle strade.

Quindi sono convinta che l'atteggiamento - che deve essere sempre critico di aiuto - deve sforzarsi di addivenire ad un atteggiamento teso alla ricerca di dati positivi perché - la storia ce lo ha insegnato - molto spesso dai grandi turbamenti nascono nuovi ordinamenti, nuovi percorsi, nuove possibilità di progresso, che è il nostro obiettivo.

Come si trovano le strade? Che cosa si deve mobilitare per trovarle? Bisogna guardare quali forze sono disponibili. E le forze in Africa sono disponibili, sia per quel tanto di formazione che negli ultimi tempi è avvenuto nei Paesi africani, sia per l'età. Noi parliamo ad una popolazione straordinariamente giovane: chiunque di noi va in un Paese del Terzo Mondo o in Africa avrà l'impressione - non come me che vede due generazioni successive - di vedere tre generazioni successive perché sono popoli giovani. Dunque emergono vantaggio dell'età e nuovi passi della formazione.

Ed allora ci sono queste nuove forze a cui bisogna guardare e che bisogna mettere alla prova ed al lavoro nella misura in cui sono forze intellettuali autoctone che conoscono la realtà e vivono nel Paese. Non tutti necessariamente devono essere stati a Londra o Parigi ma conoscono la realtà del Paese e, d'altra parte, si rendono conto che bisogna tendere ad un domani tutto quanto ripensato perché vengono meno gli aiuti tradizionali che venivano dal Primo mondo, perché viene meno la necessità di operare in mancanza delle precedenti organizzazioni economiche e probabilmente - questo è un problema tutto aperto all'esame degli africani e come dirò è ciò che l'istituto cerca di fare - di certi valori, che vanno esaminati a fondo in modo di avere la capacità di vedere cosa ci sia dentro e cosa sia invece un pregiudizio nel senso di "un giudizio formato prima" in un'altra situazione sociale.

Riassumendo, la storia ci ha insegnato che si possono vivere dei momenti rivoluzionari e se si ha l'occhio, molto del filosofo, agli effetti possibili di cambiamento e di svolta vediamo che bisogna guardare seriamente a questi protagonisti, uomini e donne nuovi, che sono chiamati a percorrere strade, materiali ed ideali che hanno individuato loro e che hanno scelto loro.

Il dato di fondo è questo elemento di scelta ed individuazione che avviene in loco. Il che non vuol dire che lo si fa estraneamente dal mondo ma deve essere approfondito nel nuovo mondo. Qualcuno l'ha definita - è una citazione cui non ho pensato molto - una ventata di originalità che nasce dall'esperienza, consapevolezza e pensiero. Prima mi sono permessa di dire che da una crisi, soprattutto se sistemica, è difficilissimo uscire. E mi sono permessa di dire che i meno fortunati hanno più difficoltà.

Quindi, ecco che nasce per tutti noi credo l'esigenza di un impegno importante, soprattutto per gli Stati del continente africano e soprattutto quelli che sono all'avanguardia di guardare alla Namibia con grande attenzione, in primo luogo per le sue travagliate vicende, in secondo luogo per le sue varie complessità, anche etnica tra le altre, al fatto, come ci ha ricordato la professoressa Scarponi, che l'alba della Namibia ha una data, il 1989, più tarda delle altre albe.

Per questa ragione dobbiamo avere un'attenzione particolare. Probabilmente, anzi ne sono quasi certa anche se è molto tempo che manco dalla Namibia, ci sono le forze che in quel Paese si sono qualificate come in altre parti del mondo nei lunghi anni di lotta. Però, la lotta della Nambia - non entro in temi che non conosco a fondo - ha certamente degli aspetti particolari e diversi dalle altre lotte di liberazione. Ci sono aspetti specifici che bisogna guardare. Questo è durato molti anni.

Allora, bisogna sapere che anche questo dato - negativo, certo - deve essere guardato con un occhio - non vorrei dire ottimista - ma particolarmente interessato perché se ci troviamo nell'avvio del nuovo millennio 2000 di fronte a queste condizioni in un certo Paese, ebbene, questo Paese ha alcune caratteristiche che possono trasformarlo in un laboratorio di pensiero, forse anche in un laboratorio di sperimentazione.

Oggi siamo in un tempo in cui la tematica della diversità - che 50 anni fa era vista in un modo diverso - è diventata molto attuale. Se ne parla continuamente. E la diversità è senza dubbio un addendo sulla via, sui percorsi dello sviluppo e la salvaguardia delle identità fornisce un addendo alla crescita della civiltà.

Questo avviene attraverso incontri e scontri e noi Mediterranei abbiamo millenni di paragone e di storia di questo tipo. L'attenzione alla diversità, la salvaguardia delle identità va fatta rifiutando situazioni mutuali, cioè il rispetto di alcune cose che sono sempre state così e che corrono sempre il rischio di dare vita ad altrettante detti.

È questa complessità allora della storia generale e della liberazione, legata però a questi aspetti non nuovissimi, ma certo attuali nel dibattito che forse ci dà la possibilità di vedere per la Namibia e nella Namibia un momento di pensiero, di ricerca, di laboratorio, di idee nuove.

E mi pare che ormai un po' tutti cominciamo a capire che l'umanità trova delle vie di progresso la possibilità di fare passi in avanti quando si rivolge alle risorse nel senso di vedere come queste debbono essere liberate dai tratti comuni a vantaggio di altri e come quell'altra risorsa peculiare, che ci distingue dagli altri generi del mondo, la forza razionale, deve essere liberata avendo essa stessa una sua forza liberatoria.

Credo che ci deve essere un laboratorio che punti sui cervelli, sulla ragione degli uomini. Riusciamo a fare questo? È sbagliato, è difficile? È difficile ma questo è il terreno adatto.

Il nostro Istituto e soprattutto un gruppetto di persone un po' matte al suo interno sta facendo queste ricerche e per farle abbiamo bisogno di aiuto, di confronto e di discussione e di creare anche noi dei luoghi, dove si pensi a questa visione diversa per tutto il mondo e certamente per il continente africano che è destinato a diventare uno dei grandi protagonisti.

Allora, è lo sforzo che stiamo facendo da cinque anni in un corso di specializzazione per coloro che vogliono recarsi a lavorare in Africa e che alle nozioni che il corso deve dare spesso si aggiunge questo sforzo di riflessione e di pensiero. Ma la riflessione e il pensiero hanno bisogno anche di una cosa di cui ho parlato prima, di un incontro-scontro destinato in generale a creare la civiltà. (Applausi).

 

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FERRARIS, ambasciatore. Ringrazio molto la senatrice Carettoni per le considerazioni molto interessanti e molto importanti svolte. Non voglio commentare perché non voglio togliere spazio agli altri.

D'altra parte la Namibia ha una storia anche tragica, la distruzione degli herero è una brutta pagina e tragica della civiltà europea, tedesca in particolare, e la Germania fa parte dell'Europa. È veramente una delle pagine peggiori di distruzione di un popolo in Africa. Anche rispetto ad altre manifestazioni colonialiste questa è stata la più feroce.

Do la parola al prof. ROSSI Gianluigi, preside della facoltà di scienze politiche dell'università degli studi "La Sapienza" di Roma.

 

ROSSI Gianluigi, preside della facoltà di scienze politiche de l'università "La Sapienza". Ringrazio l'ambasciatore Ferraris per avermi dato la parola. Dalla gente che c'è, noto che vi è in questa aula un grande interesse per la Namibia e questo mi fa molto piacere.

Vorrei esprimere un apprezzamento particolare nei riguardi sia della professoressa Scarponi sia nei confronti dell'ambasciatore Ferraris; questo per un motivo molto semplice, già sottolineato: la Namibia è un Paese lontano, non solo dal punto di vista geografico, ma in Italia di Namibia non si parla proprio. Di Africa si parla poco, ma di Namibia non si parla per niente, almeno pochissimo.

Eppure la Namibia è un Paese che presenta un grande interesse. Anzitutto non dimentichiamo la notevole consistenza territoriale della Namibia. Qui in Italia non si pensa mai al fatto che la Namibia ha una superficie pari a quasi tre volte la superficie dell'Italia. Quindi è un Paese di oltre 800.000 chilometri quadrati.

Ma bisogna anche dire che la Namibia è un Paese estremamente interessante dal punto di vista delle potenzialità economiche e di sviluppo. Tempo fa, in epoca ancora coloniale, si definì la Namibia lo "scandalo geologico" dell'Africa. La Namibia è molto ricca di minerali preziosi, alcuni si possono definire strategici, di grandissima importanza.

Ma al di là di questo, la Namibia presenta un grande interesse dal punto di vista culturale. Dal punto di vista dell'antropologia culturale è un Paese molto interessante e questo appare molto chiaro sia dalla mostra sia dalla pubblicazione che accompagna la mostra curata dalla professoressa Scarponi che qui ringrazio per questa iniziativa.

È una persona che ha molto insistito affinché questa mostra si svolgesse presso il Ministero degli affari esteri. Lo scopo è quello di far conoscere meglio questo Paese, alquanto sconosciuto in Italia, avvolto ancora nella nebbia.

Non voglio fare un lungo discorso: in quanto storico ed in particolare storico dell'Africa - in effetti la mia materia è Storia dei trattati internazionali ma insegno Storia dell'Africa del 1973, quindi mi interesso molto di Storia dell'Africa - vorrei cogliere l'occasione per riassumere molto sinteticamente la storia della Namibia in età moderna.

Indubbiamente la Namibia è entrata nell'epoca moderna in un anno preciso, nel 1884 - come ci ricorda la stessa professoressa Scarponi - cioè nel momento in cui la Germania imperiale, la Germania di Bismark nel 1884 prende possesso di questo territorio pacificamente e la Namibia diventa un protettorato tedesco, coloniale, una colonia larvata in senso stretto.

Tutto questo, però, che sto dicendo non ci autorizza a dimenticare la storia precedente della Namibia. La Namibia, al pari di altre regioni dell'Africa, in quella zona soprattutto, è stata teatro di scontri-incontri tra culture, gruppi etnici, gruppi umani nel corso di centinaia e centinaia, di millenni di storia passata; una storia certamente difficile, molto difficile da ricostruire.

Ma questo si applica a tutta la storia dell'Africa Sud-Sahariana, direi quasi tutta, con qualche eccezione interessante. La storia dell'Africa prima dell'avvento del colonialismo è molto difficile da ricostruire in relazione alla fragilità delle fonti di cui lo storico dispone. Questo vale anche per l'Africa australe e della Namibia. Però, la Namibia entra nell'era moderna con l'arrivo dei Tedeschi nel 1884. I Tedeschi sono rimasti laggiù fino al 1915, quando le truppe sudafricane occupano il territorio dell'Africa del Sud-Ovest - così si chiamava secondo i Tedeschi - South West Africa, Africa sudoccidentale.

Finita la Prima Guerra Mondiale, la Namibia viene affidata inizialmente alla Gran Bretagna sotto forma di mandato della Società delle Nazioni. La Gran Bretagna a sua volta cede il territorio, sempre comandato, all'Unione sudafricana, al Sudafrica. Nel 1920 inizia il mandato sudafricano in Namibia. Però, fu un mandato di tipo c), secondo la Carta delle Società delle Nazioni. Ci sono vari tipi di mandato. Questo fu un mandato di tipo c). Il che significa che in questo caso i poteri del Sudafrica erano particolarmente forti. L'amministrazione del Sudafrica era diretta, molto forte. In sostanza la Namibia è stata amministrata dal Sudafrica in un modo diretto, come parte integrante del territorio sudafricano a differenza di quello che è successo per tutti gli altri mandati. Quindi, dal 1920 la presenza del Sudafrica in Namibia è durata tanti anni, molti decenni, aldilà anche della fine della Seconda Guerra Mondiale.

Eppure terminata la II Guerra mondiale, quando entrò in vigore la Carta delle Nazioni Unite, e quindi cominciarono a funzionare le Nazioni Unite, la Namibia doveva essere trasformata in un sistema nuovo di amministrazione, fiduciaria, nella prospettiva della decolonizzazione e dell'indipendenza mentre il mandato di tipo C non prevedeva la decolonizzazione a quel tempo dell'Africa del Sud-Ovest. Ma il Sudafrica si è opposto sistematicamente sin dall'inizio alla richiesta delle Nazioni Unite di trasformare il mandato in un'amministrazione fiduciaria.

Il motivo è evidente: il Sudafrica non pensava minimamente di riconoscere l'indipendenza alla Namibia, di portare avanti un processo di emancipazione politica del territorio. Anzi pensava anche dopo la Seconda Guerra Mondiale di integrare la Nambia al Sudafrica.

Intanto voglio ricordare - e questo viene detto giustamente nella pubblicazione della professoressa Scarponi - che nell'economia della Namibia nel periodo in cui il Sudafrica ha controllato questo territorio si è rafforzato sempre di più il carattere coloniale dell'economia namibiana, sempre più orientata verso l'esportazione. Questa è stata una precisa politica economica del Sudafrica in Namibia.

Dunque il Sudafrica ritiene di mantenere la sua posizione dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si arriva così al 1966, una data importante, quando l'Assemblea nazionale della Nazioni Unite revoca in una risoluzione il mandato al Sudafrica e dichiara illegale la sua amministrazione in Namibia. Questa fu una risposta alla sentenza della Corte internazionale di giustizia dell'Aja nel 1966, al termine di un procedimento intentato dalla Liberia e dalla Etiopia alla Corte dell'Aja affinché si giungesse alla illegalità della presenza sudafricana in Namibia. Invece la Corte di giustizia dichiarò in questa sentenza che il ricorso presentato dai due Paesi africani più antichi indipendenti, Etiopia e Liberia, era privo di fondamento legale.

Dunque, la Risoluzione dell'Assemblea Generale fu la risposta, una reazione a questa sentenza ma, com'è facile capire, il Sudafrica non si diede per vinto. Non diede alcun seguito a questa risoluzione. Continuò ad occupare il territorio con truppe consistenti.

Però, nel frattempo, proprio in quegli anni, viene fuori una organizzazione locale che si chiama South West African People, organizzazione del popolo dell'Africa del Sud-Ovest che comincia a battersi per l'indipendenza di questo territorio.

E' Interessante ricordare che ciò avvenne a pochi anni di distanza da quello che è passato alla storia come l'anno dell'Africa, cioè il 1960, anno in cui si registra il momento culminante della decolonizzazione dell'Africa nera, subsahariana, all'indomani della Seconda Guerra Mondiale.

Nel 1960 nascono 17 Stati nell'Africa sudsahariana, tra i quali la Nigeria: quindi è l'anniversario non solo delle Nigeria ma di altri 16 Stati africani, tutti nati nel 1960.

Questo fatto non poteva non avere una incidenza anche sulla Namibia, anche nell'Africa del Sud-Ovest; quindi nella metà degli anni '60 circa nasce la SWAPO. Uno dei grandi leader di questo movimento è stato colui che diventerà il Presidente della Repubblica della Namibia, General Vilbrun Guillaume Sam, che ho avuto il piacere di conoscere in occasione del Vertice di Nairobi nel 1981, a cena e gli dissi: ma perché avete preso le armi? Lei è la quinta essenza del pacifismo! Lui mi rispose: ma cos'altro possiamo fare di fronte alla intransigenza del Sudafrica?

Questa esperienza rientra nella storia della decolonizzazione; il ricorso alla lotta armata è quella che potremmo definire il secondo ciclo delle indipendenze africane, il salto di qualità dalla rivoluzione pacifica, dal dialogo al ricorso alla lotta armata perché non c'era nient'altro da fare.

Dunque, si forma la SWAPO e qualche anno più tardi le Nazioni Unite prendono una decisione più forte rispetto a quella del 1966. È il Consiglio di sicurezza in effetti che adotta una risoluzione, che prevede un piano preciso per l'indipendenza della Namibia: eliminazione della forze e dell'amministrazione sudafricana e svolgimento di libere elezioni sotto l'egida delle organizzazioni internazioni.

Siamo nel 1978. Anche in questo caso Il Sud Africa naturalmente non si dà per vinto. Di fatto non vi è alcun seguito e bisogna aspettare la fine della Guerra Fredda che indubbiamente ha contribuito in maniera decisiva a sbloccare la situazione.

In effetti, nel 1989 il Sud Africa accetta il Piano delle Nazione Unite per la Namibia e quindi accetta che sul territorio avvengano libere elezioni; il che avverrà nel novembre 1989, anno di importanza mondiale e anche per la Namibia: si svolgono le elezioni nel 1989 sotto la supervisione delle organizzazione delle Nazioni Unite e l'indipendenza sarà poi proclamata ufficialmente il 21 marzo 1990.

La Namibia dunque è stato l'ultimo Paese africano dell'Africa nera ad arrivare all'appuntamento della indipendenza.

Ma dalle pochissime considerazioni ricordate risulta chiaro che il percorso è stato molto complicato, molto difficile. Questo va sottolineato. Quindi l'alba del Paese arriva nel 1990.

Ma, per tornare all'iniziativa odierna, mi pare che sia dalla mostra multimediale, sia dalla pubblicazione che accompagna la mostra emerge un quadro articolato complessivo molto vivo, ricco di quella che è la realtà della Namibia dal punto di vista storico, storico-politico, economico, ma soprattutto dell'antropologia culturale in genere. Ciò rende questa iniziativa particolarmente interessante.

Voglio anche ricordare, come è stato già detto, dalla senatrice Carettoni che questa iniziativa è stata preceduta da una analoga iniziativa dalla mostra che si è tenuta nella sede dell'Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente. Quindi, nella sede prestigiosa direi - non perché sia tanto legato all'istituto - dell'Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente che esattamente tra i suoi scopi ha anche quello di far conoscere meglio l'Africa agli italiani. Quindi questa iniziativa rientrava in questo obiettivo. Detto questo, vi ringrazio molto per l'attenzione mostrata. (Applausi).

 

FERRARIS, ambasciatore. Ringrazio molto il professor Gianluigi Rossi per aver così chiaramente sintetizzato la storia della Namibia. E spero che tutti abbiano collocato la Namibia nella storia dell'Africa e della decolonizzazione e nella storia delle relazioni internazionali. Ciò fa dire che non sempre le sentenze del Tribunale internazionale siano giuste. Ma questa è una mia punta polemica. Do la parola al dottor Johannesen.

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JOHANNESEN. Ringrazio la senatrice Carettoni e l'ambasciatore Ferraris per avermi dato l'occasione di venire qui come rappresentante di un Paese come la Namibia, un piccolo-grande Paese, uno straordinario Paese che si trova in un mondo particolare, che è il mondo del sistema economico dell'Africa australe, l'area SADC. La Namibia è un Paese sostanzialmente diverso e a me piace, se mi permettete, ricordare che pochi giorni fa sono stato invitato a tenere una conferenza all'Università cattolica di Milano, dove il titolo della giornata era "La diversità fa la differenza". È un argomento straordinario perché un Paese così particolare come la Namibia può rientrare in una logica della differenza che fa la diversità o la diversità che fa la differenza.

Il 2010 è stato un anno straordinario per la Namibia, prima di tutto perché abbiamo celebrato il ventennale della nostra indipendenza, delle elezioni tenute nel novembre 2009 che hanno sostanzialmente confermato tutte le linee che il Governo namibiano aveva tenuto dall'indipendenza in poi.

Il Parlamento e le elezioni che vengono tenute in Namibia sono elezioni libere, trasparenti, che sono state anche oggetto di attenzione. Ma è chiaro che la Namibia non è uscita indenne della crisi globale. Abbiamo avuto dei problemi indubbiamente gravi. La crescita del nostro Prodotto Interno Lordo che per gli anni 2006-2008 è stata sempre positiva, nel 2009 purtroppo ha avuto una débacle registrando lo 0,8 per cento di caduta del PIL.

Ovviamente i problemi economici legati alla crisi economica mondiale hanno fatto sì che anche in Namibia hanno dovuto stringere un po' la cinghia ed abbiamo avuto problemi occupazionali non indifferenti nei due grandi settori strategici per il territorio namibiano, ovviamente il settore minerario e - non meno importante - il settore alimentare. Nella catena alimentare la Namibia è infatti potente economicamente in senso lato, in Europa ma anche nel resto del mondo, nel settore ittico. Mentre mi permetto di dire che la carne bovina namibiana è la migliore che si trova; è un godere del palato, se posso usare questo termine. L'economia namibiana ha dovuto risentire di questi problemi.

Andiamo avanti fino all'ultima Risoluzione del Presidente Pohamba, attuale Presidente delle Repubblica della Namibia, che ha sostituito il presidente General Vilbrun Guillaume Sam (che a me piace dire ha svolto l'incarico per due mandati più 1, ma che in effetti è stato per 3 mandati Presidente della Repubblica), nostro padre storico del Paese che ha fatto la guerra di indipendenza per venti anni.

Il Governo ha definito l'attuale programma che definiamo Millennium Gold che fa parte di un disegno strategico messo in atto quando siamo passati nel 21º secolo; tra gli argomenti strategici il Governo ha deciso di puntare su due settori, il primo dei quali è quello della sanità.

Come voi sapete, la Namibia purtroppo soffre di un problema gravissimo: i sieropositivi e la trasformazione in Aids è una delle malattie croniche del sistema. Su questo argomento mi piacerebbe dilungarmi un po'. Bisognerebbe approfondire questo tema in modo complesso e non credo che abbiamo tempo per discuterne oggi. Comunque si registrano malattie endemiche come la malaria e la tubercolosi che sono sotto all'attenzione del Governo namibiano e stiamo attenti per poter far sì che tutti in Namibia possano godere del servizio sanitario.

L'educazione è forse l'altro grande argomento strategico del Paese. Dovete immaginarvi che l'89 per cento della popolazione è capace di leggere e scrivere, che è un elevato grado di scolarizzazione in un continente come quello africano.

L'acqua purtroppo è una risorsa scarsa in Namibia. La fornitura dell'acqua potabile è un elemento essenziale per migliorare la qualità della vita della nostra gente ed alcuni progetti sono stati messi in atto per rendere l'acqua potabile a tutta popolazione anche quella rurale, quella più lontana.

Potrei raccontare della Namibia per 4 ore senza fermarmi e lo farei volentieri; però poiché non sono io e neanche la Namibia ad essere protagonista ma Emanuela Scarponi la protagonista di questa giornata, darò solo 2 dati: la Namibia è un Paese che ha un debito pubblico del 19,6 per cento di Prodotto interno lordo. Non c'è Paese africano con una situazione cosiddetta patrimoniale di questa dimensione.

Il bilancio dello Stato nel 2010 avrà un deficit del 2,8 per cento. Fino al 2009 avevamo degli attivi. Lo Stato namibiano incassava più di quello che spendeva.

Quanti Paesi possono vantare un sistema del genere? Certo, tale situazione deriva da una pubblica amministrazione che funziona, da un sistema integrato di riconciliazione culturale dove i bianchi tradizionalmente riconosciuti come colonizzatori fanno parte integrale della società. I neri hanno riconosciuto il dominio economico dei bianchi ed i bianchi riconoscono il dominio politico dei neri.

La Namibia, come voi sapete, è legata allo scenario economico sudafricano. Siamo legati mani e piedi. L'economia namibiana che è legata al rand sudafricano ovviamente trae i benefici della forza del rand sudafricano e paga anche il prezzo politico di questo.

Il futuro della Namibia è positivo. Abbiamo l'obbligo di rimanere in una società moderna, i giovani manager della Namibia sono beneducati, hanno studiato in Sudafrica, così come in Europa. Abbiamo trovato una specie di equilibrio sociale. Purtroppo, la forbice del divario tra ricchi e poveri è ancora troppo grande. Dobbiamo fare di tutto per far sì che quella forbice diminuisca. E con questo mi permetto di ringraziarvi per l'attenzione.

Racconterò volentieri della Namibia e parlerò ancora della Namibia quando vorrete. Grazie. (Applausi).

FERRARIS. Certo: il fatto che uno svedese namibiano dica in Italia che l'amministrazione pubblica della Namibia funziona bene, mi permetterebbe di fare molta ironia sull'Italia ma mi astengo. Una mia curiosità: la ferrovia che va in Sudafrica funziona ancora?

JOHANNESEN. Abbiamo allungato la linea ferroviaria da Windoeck fino al confine con l'Angola, prolungandola di oltre 600 km. Ed il viaggio di notte da Windhoeck a Swakopmund è un viaggio bellissimo. E c'è ancora il treno fino a Città del Capo.

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BAISTROCCHI, ambasciatore. Peter Johannesen è stato in Namibia da bambino ed ha avuto come istitutore Sam Guillaume. Poiché il padre si occupava di navi è andato in Namibia dove io l'ho conosciuto.

Innanzitutto scusate per questa introduzione, senza aver prima ringraziato l'ambasciatore Ferraris dell'invito, salutato la senatrice Carettoni che conosco dai tempi dell'Istituto per l'Africa e non dell'Isiao, quando l'istituto per l'Africa non era stato accorpato assieme all'Oriente; ed il professor Rossi.

Vorrei aggiungere due considerazioni all'intervento del professor Rossi, non per correggerlo - anzi, tutt'altro - ma per dare uno sguardo alla storia del Sudafrica e della Namibia.

L'inizio della guerra di liberazione avviene prima dal punto di vista ideologico, nel 1964, quando i Sudafricani vogliono imporre il sistema dell'apartheid a quella che consideravano la loro quinta Provincia ma che non annetteranno mai al loro territorio. Quindi scacciano dalla residenza i nativi.

Il secondo elemento è che il Sudafrica è arrivato finalmente a dare l'indipendenza alla Namibia, grazie soprattutto alla Guerra in Angola. Certamente la fase finale è stata la caduta del bipolarismo e dell'Unione sovietica, ma soprattutto la guerra in Angola che ha visto coinvolto da un lato Sam Guillaume e il movimento MPLA dell'Angola e da questa parte il Sudafrica aiutato dall'UNETA e dall'UNEPI. L'Angola era stata aiutata prima da Che Guevara che era andato laggiù con i guerriglieri cubani.

Il terzo elemento è che Sam Guillaume nel corso della Storia della Namibia è diventato Presidente quando le Nazioni Unite gli hanno consegnato il Paese. Quindi se la Costituzione namibiana parla di due mandati è perché alcuni hanno considerato questo un primo mandato. Mentre la maggioranza lo ha considerato come mandato temporale. Dopodiché Sam Guillaume è stato eletto due volte ed avrebbe continuato ad esserlo perché l'abitudine africana è quella di continuare per tutta la vita una volta arrivati. Soltanto che i suoi più vicini collaboratori si sono impegnati - e questo si sa poco - a fargli firmare una famosa lettera con la quale rifiutava di ripresentarsi alle elezioni. Quindi, non avendo partecipato alle ultime elezioni, è riuscito a mettere i suoi amici di battaglia, appunto Pohamba, a quel posto.

Cosa posso aggiungere della Namibia? Come diceva anche Peter Johannesen, è un Paese povero d'acqua perché ci sono solo due fiumi perenni, a Nord il Kunene, a Sud l'Orange river. Per il resto il territorio è desertico e come tale presenta anche il problema della riforma agraria.

Elemento disgregante di questa situazione è che circa il 10 per cento di politici neri di colore sono proprietari di farm. E questo in pratica ha limitato il processo di riforma agraria, che è stato violento negli altri Paesi africani.

Cosa poter aggiungere ancora? Avrei tanto da aggiungere ma penso che avendo visto il documentario ed il catalogo sulla mostra della dottoressa Scarponi molti elementi siano rilevabili.

C'è una considerazione cui vorrei dare seguito: qual è il futuro della Namibia? Ho sentito parlare di molti aspetti da parte dello svedese namibiano! Però una cosa bisogna dire: il padre della patria Sam Guillaume è sempre dietro a tutte le iniziative namibiane. Ha una scorta maggiore del Presidente, ha aiutato Pohamba ad essere rieletto senza grosse difficoltà. Proporrebbe a quanto si dice il figlio quando questi cesserà il suo secondo mandato nel 2014. Però non è detto. Ci sono anche malelingue che dicono che a più di 80 anni vorrebbe ripresentarsi.

Si è parlato solo di agricoltura e di allevamento, ma non delle ricchezze minerarie della Namibia che è il quinto produttore di uranio, nonché di diamanti.

Si poteva parlare del Pil della Namibia, del suo 20 per cento di risorse minerarie. Non si è parlato del reddito pro capite, uno dei più alti del continente africano, forse il terzo, dopo il Sud Africa che è al quarto posto, con 6.600 dollari.

Potrebbero essere affrontati una serie di altri problemi, come per esempio la caccia che in Namibia è una delle basi del sistema di vita. È una caccia selettiva. Si può andare a caccia ma bisogna uccidere gli animali maschi adulti vecchi e così si rinforza la stirpe.

Un'altro argomento di cui potremmo parlare - di cui sono personalmente interessato in questo momento e per la quale ho fatto una prima visita in Namibia facendoci l'ambasciatore - è l'arte rupestre: per la prima volta il Paese ha una stazione archeologica TwifleFontaine dichiarata patrimonio dell'umanità quattro anni fa. Ci sono una serie di luoghi sacri, soprattutto per le pitture rupestri. È stata visitata negli anni '50 ed è stata considerata il Papa della storia dell'arte rupestre. Sto parlando del Brandemberg.

Quindi vi sono argomenti di cui parlare, ma penso che adesso sia il caso di lasciare la parola alla professoressa Scarponi ed al dottor Tresoldi, e ringraziare tutti per la loro presenza.

FERRARIS. Vorrei ricordare che l'ambasciatore Baistrocchi è autore di opere insigni e di ricerche archeologiche ed artistiche di notevole livello riguardo anche ad altri Paesi africani. Vi è una biografia molto interessante. D'altronde è figlio di un altro ambasciatore, nipote di ammiraglio e Capo di Stato maggiore nella Guerra di Etiopia. Quindi discende da una famiglia illustre. Nella sua modestia non ha detto che va regolarmente in Namibia e continua ad amarla.

BAISTROCCHI, ambasciatore. Vorrei riallacciarmi a quello che la senatrice Carettoni ha detto prima. Non ho parlato di diplomazia. È meglio da un lato: hanno chiuso l'ambasciata; per il lavoro da sbrigare basterebbe un consolato. Ma il problema non è questo. È l'approccio del nostro Ministero degli affari esteri verso l'Africa.

La senatrice Carettoni ha detto che l'Africa è il continente del futuro e su questo sono perfettamente d'accordo. Basti pensare a cosa la Cina sta facendo in Africa non solo per acquisire beni e materie prime ma alle relazioni intrecciate con 54 Paesi africani. Noi invece stiamo chiudendo le nostre ambasciate.

S e vogliamo fare la politica estera che ci meritiamo di fare come nazione forse non oggi ma magari in un futuro, non si può non tenere conto dell'Africa nel nostro Ministero, nella nostra politica estera se solo pensiamo che un Paese come la Spagna sta aprendo ambasciate, seppure mini, in Africa - d'accordo, come era la miniambasciata in Namibia - ma non posso dire che la mia ambasciata in Nigeria fosse più grande quando la Nigeria è il primo Paese dell'Africa come popolazione, ricchezze e nostri interessi.

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FERRARIS. È stato meno polemico del solito l'ambasciatore Baistrocchi! Questa volta ci è andata bene!

Effettivamente il problema che lui pone è di carattere generale. Però vorrei completarlo con due considerazioni: l'uno è che la stampa italiana non si occupa dell'Africa se non quando c'è qualche catastrofe. La seconda - mi rivolgo ai giovani diplomatici qui presenti - è che andare in Africa - c'è una polemica tra l'altro sul sito intranet del Sindacato dei diplomatici del Ministero affari esteri - a fare il diplomatico non porta alcun vantaggio in carriera. Vi è poi anche una mancanza di spirito di avventura.

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BAISTROCCHI. Prima di andare in Africa sono andato a Washington, Mosca e sono stato console generale ad Hong Kong. Ho fatto poi una scelta personale di andare in Africa e sono stato ambasciatore in Ghana, Nigeria e Namibia. La mia carriera ne ha sofferto. È questo un elemento cardine anche del Ministero degli affari esteri. Deve scomparire questa mentalità e bisogna cercare soprattutto nei giovani l'avventura. Non si può andare solo a Parigi, a Londra o al massimo a Tokio ed a Pechino. Il mondo sta cambiando e l'Africa è assolutamente importante per il nostro Paese.

FERRARIS. Questo dibattito interno avviene tra diplomatici. C'è uno scambio su intranet proprio su questo argomento. In poche parole si dice: "Chi ce lo fa fare ad andare in posti scomodi e rischiosi per vederci scavalcati da chi invece è stato soltanto in Svizzera?". I più avventurosi sono andati. Questo è un problema della nostra società. Bisogna avere anche l'amore per il rischio e l'avventura. Il divertimento una volta era provocato dall'avventura ed i diplomatici hanno il vantaggio di poterlo fare in sicurezza.

Adesso dò la parola al dottor Tresoldi.

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TRESOLDI. Ringrazio per l'iniziativa l'Isiao ed Emanuela Scarponi che sicuramente aiuta nel modo più efficace a far sì che la Namibia sia conosciuta. In realtà la Namibia è un Paese, come si è detto anche prima, poco conosciuto. Per questo mi permetto di dare una piccola collocazione geografica.

La Namibia si affaccia sull'Oceano Atlantico per 1.500 chilometri di costa, confina a Nord con l'Angola, a Nord-Est con Zambia e Zimbabwe, a Est con il Botswana e a Sud con la Repubblica del Sud Africa.

La superficie del Paese è di 825.000 km², quindi pari a 2 volte e mezzo l'Italia e la densità per chilometro quadrato è impressionante: sono circa 2,43 le persone per chilometro quadrato. Facciamo giusto un paragone con l'Italia dove parliamo di duecento persone per chilometro quadrato. Mi piace pensare che se due personaggi namibiani vogliono litigare hanno già un bel da fare per andarsi a incontrare!

I motivi per un viaggio in Namibia: ho elencato una serie di motivi molto validi ma chi andrà in Namibia ne scoprirà sicuramente degli altri.

Non si va in Namibia per fare soggiorno balneare. Ho parlato prima di circa 1.500 chilometri di costa atlantica. In realtà, questa costa atlantica non è balneabile, perlomeno per i turisti italiani, a causa delle forti correnti fredde.

I motivi per andare sono sicuramente il senso di libertà della Namibia; questi spazi immensi identificabili con i due deserti che caratterizzano il territorio namibiano; il deserto del Namib, di oltre 50 milioni di anni, è uno dei più antichi del mondo e rappresenta una ecoregione di grandissimo interesse con flora e fauna costituita in gran parte da specie endemiche.

Il territorio del deserto del Namib è incluso in aree naturali protette e la più importante di queste è quella del NAMIB NAUKLUFT NATIONAL PARK che è il più grande parco di tutto il continente africano.

Il deserto del Kalahari, l'altro deserto del territorio namibiano, è parte di un immenso altopiano, parte da una altezza media di 900 metri, copre il 70 per cento del territorio del Botswana, parte dello Zimbabwe, della Namibia e del Sudafrica. Se includiamo anche le parti del bacino semiarido del deserto, arriviamo ad un'area di oltre 2 milioni e mezzo di chilometri quadrati. Quindi parliamo veramente di spazi e di territori immensi.

Altro motivo valido per un viaggio in Namibia è la flora. Sicuramente ci sono 5.000 specie di piante nel territorio namibiano, di cui 200 endemiche.

Ne descriverò due brevemente: la famosa Welwischia Mirabilis è una pianta antichissima che cresce soltanto sulla costa dell'Oceano Atlantico in Namibia e nel Sud dell'Angola. È un vero albero, anche se non sembra tale, perché è composta da una radice e da due foglie perennemente ricrescenti. Quindi sembrano due nastri contorti con una dimensione dai 2 ai 4 metri. Quando la si vede sembra un mucchio di spazzatura. In realtà, si tratta di foglie di germinazione che crescono di continuo alle estremità. Muoiono e poi si sfrangiano di nuovo.

Questa pianta è interessantissima perché si è adattata completamente alle condizioni estreme del deserto. Non soffre della mancanza di precipitazioniperché le bastano la nebbia e l'umidità proveniente dall'oceano.

Un'altra pianta endemica di grande interesse è l'albero faretra, molto interessante, che Emanuela ha fotografato e che quindi avrete visto nella presentazione, appunto chiamato così perché la parte superiore del ramo veniva tagliata dai boscimani namibiani e scavata all'interno, proprio per ricavarne una faretra per le frecce usate per la caccia.

La fauna ovviamente è un altro argomento importantissimo. Sono presenti 20 specie di antilopi, 240 tipi di mammiferi, 250 rettili, 50 tipi di anfibi, 630 specie di uccelli e naturalmente ci sono quelli che vengono definiti i grandi cinque, i Big five (il leone, il rinoceronte, il leopardo, l'elefante ed il bufalo). Questi sono particolarmente presenti e visibili nel grande Parco Etosha che sta a Nord del Paese. Questo parco è importante perché ha una superficie di 22.000 chilometri quadrati ed offre tutte le condizioni più favorevoli per l'osservazione degli animali.

Il cuore del parco è costituito da circa 5000 chilometri quadrati di conca salina, priva di vegetazione. Ciò favorisce l'avvistamento degli animali. A margine della conca si possono vedere animali selvatici che vanno ad abbeverarsi.

Alcune fondazioni namibiane sono impegnate nella conservazione dei grandi animali del Paese. Mi piace ricordare in particolare la Africat Foundation, che appunto fornisce l'assistenza agli allevatori per alleviarli dalle perdite dovute all'intrusione di predatori: dal '93 immaginate che ha salvato oltre 3.000 ghepardi e leopardi sulle aree agricole della Namibia e di questi 1000 - che hanno salvato - l' 85 per cento sono stati restituiti alla natura.

Si è parlato di geologia. La Namibia è un territorio ricchissimo di diamanti, ma anche di rame, uranio, piombo e stagno. Ma è un Paese veramente ricchissimo. Parliamo di diamanti; un dato che ritengo molto interessante in riferimento ai primi cinque mesi del 2010 è che la produzione dei diamanti in Namibia si è raddoppiata rispetto al 2009. Se l'andamento continuerà con questo ritmo per tutto il 2010, parliamo di una produzione pari a circa 1 milione e mezzo di carati in crescita del 50 per cento sul 2009 e vicina a livelli record che mi dicono essere nel 2007.

FERRARIS. Come si fa ad andare in Namibia ed a fare il turista?

TRESOLDI.

Si prende la Namib Air, ci si imbarca a Milano o a Roma per Francoforte e tutti i giorni con un volo notturno di 10 ore si arriva a Windhoeck. Costa da un minimo di 1000 euro in bassa stagione, in classe turistica, fino a 3.000 euro in business, andata e ritorno. L'aereo atterra all'aeroporto principale della Namibia di Windhoeck.

Le attrezzature alberghiere sono di vario livello: abbiamo attrezzature assolutamente lussuose, con lodge estremamente raffinati ed adatti alle esigenze più esigenti della clientela italiana fino a sistemazioni molto più spartane.

È facilissimo girare in Namibia perché c'è un buon sistema stradale.

In realtà il fly and drive è un sistema di viaggiare buono per la Namibia. Guidare inc Namibia è facile perché un Paese che non presenta difficoltà di natura politica, non ci sono tensioni sociali, quindi non c'è microcriminalità. Il viaggio in Namibia non presenta assolutamente difficoltà particolari.

Le distanze sono notevoli perché su un territorio di più di ottocentomila chilometri quadrati è necessario scegliere quel che più interessa. Ci sono pacchetti-vacanze offerte da circa 60 tour-operator italiani.

Credo che ormai la Namibia è un Paese talmente facile che la clientela italiana è sufficientemente matura per potere iniziare a crearsi il viaggio in proprio nel senso che le strutture alberghiere e ricettive sono facilmente contattabili anche dall'Italia per cui anche il viaggio, fatto secondo le esigenze dei singoli viaggiatori, è assolutamente possibile e facile.

Il trasporto aereo costa intorno ai 1.000 euro. Poi dipende dalle strutture. Però sconsiglio di rimanere una settimana in Namibia. Secondo me è troppo poco ma consiglio almeno 10,11 giorni e questo può venire a costare a seconda delle strutture tra i 1.000 ed i 2.500 euro. Perciò un viaggio in Namibia in economia può costare intorno ai 2.000 euro, e senza guardare alla borsa troppo attentamente può costare oltre 3.500. Il viaggio di nozze è esattamente il nostro target per il 2011.

Qualche notizia di natura astronomica: il cielo della Namibia è un paradiso astronomico dell'Africa, fra i più interessanti al mondo perché la limpidezza e trasparenza del cielo e dell'aria sono notevoli. È da lì che si possono vedere Alpha Centauri e la Croce del Sud. I cieli della Namibia possono essere paragonabili ad Atacama in Cile, famoso per i suoi cieli.

L'ambasciatore ha appena nominato le bellezze archeologiche di Twiflefontaine ed ha anche nominato Brandemberg. È un microcosmo eccezionale. È una massa compatta di granito, lunga 30 chilometri e larga 25 ed è antica di 120 milioni di anni, alta 2.500 metri.

Nonostante vi sia il deserto e non abbia sorgenti possiede un microclima dove è favorita la crescita degli alberi. Questo ha spinto i boscimani a prendervi ricovero e da lì hanno elaborato i loro splendidi lavori rupestri.

I Boscimani sono una delle tante etnie. In realtà sono 13 le etnie della Namibia.

Ma la specialista à la nostra Emanuela che racconterà naturalmente in modo più scientifico e più interessante delle etnie, delle lingue e delle abitudini.

FERRARIS. È molto entusiasmante. Adesso dò la parola alla professoressa Scarponi, alla quale si deve l'iniziativa.

***

SCARPONI. Ho lasciato parlare il documentario - che sarà proiettato dopo gli interventi - e le foto che credo raccontino meglio la realtà della Namibia.

Avrete capito che questo mio percorso di viaggio intellettuale, dopo aver effettuato questo viaggio fisico in Namibia nel 1995, cioè all'alba del nuovo Stato, è stato possibile solo grazie alle persone qui presenti che mi hanno aiutato a completare il mio lavoro e senza le quali non avrei potuto portare a termine questo progetto, che non solo ha avuto inizio ma sta continuando a concretizzarsi anche con grande entusiasmo da parte di tutti, visto che soprattutto i giovani sono qui a seguire questo tipo di conferenze, generalmente relegate a classi specifiche della intellighenzia italiana.

Il mio approccio a tutta questa materia ed alla vita in generale è stato sempre di tipo globale, multimediale come si presenta la mostra.

Oggi esistono vari modi di comunicazione e ne ho usati il più possibile. Il fatto che ognuno degli intervenuti lo abbia fatto in base alla propria esperienza e professionalità aiuterà sicuramente l'Africa e tutti a capire meglio le potenzialità politiche, economiche, sociali e storico-culturali di questo continente edin particolare della Namibia.

Quando ho cominciato ad affrontare queste materie nel 1985 in Italia c'erano ancora meno persone rispetto ad oggi ad interessarsene. Tra l'altro la cooperazione era down, completamente andata....Siamo nel 1987, ad un passo da Tangentopoli....In quel momento l'Italia era completamente dissestata da questo punto di vista. Adesso ci sono le Ong che, con tutti i difetti e pregi che possano presentare, danno la possibilità maggiormente ai giovani di avvicinarsi a questo settore con più facilità.

L'Africa è un continente cui molte persone sono attratte perché di fatto è per me il continente madre di tutti noi dato che dal punto di vista antropologico e paletnologico sono stati trovati i reperti dei primi uomini rinvenuti sul pianeta ad oggi. Mi riferisco alla cosiddetta Lucy, australopithecus afarensis. Questo ovviamente dimostra dove risiedono le nostre radici.

Credo che sia questo in realtà il motivo per cui molti Europei ed Occidentali in genere siano attratti dall'Africa. E' un continente talmente variopinto da tutti i punti di vista, che di fatto richiama l'attenzione di tutte le migliori menti umane, tutte le persone attente alla scienza, all'arte ma anche alla filosofia.

All'inizio ero molto preoccupata perché era molto interessata all'arte primitiva e contemporaneamente all'arte moderna e mi chiedevo il perché. Poi ho scoperto che Picasso aveva fatto qualcosa di me in Mali! Allora ho capito che non facevo altro che proseguire l'iter di alcuni Grandi che hanno aperto la strada ai posteri.

Credo che il documentario dia la possibilità di seguire maggiormente da vicino la Namibia e soprattutto la bellezza della popolazione Himba, di questi himba che all'improvviso appaiono dal nulla e che ci fanno tornare indietro nel tempo per vedere come viveva l'uomo agli albori della civiltà umana, anche se al di là delle apparenze gli Himba sono assolutamente moderni e si può comunicare con loro anche se non parlano affatto l'inglese. Ho comunicato con loro a gesti.

La iniziativa prosegue nella sala della Cassa mutua Prunas che ringrazio per l'ospitalità nella persona dell'ambasciatore Ferraris. Ringrazio la diplomazia italiana e quindi Peter Johannesen che peraltro ho incontrato nel corso di questo lavoro ed ho intervistato nel febbraio scorso. La intervista sarà anch'essa presto pubblicata.

Adesso si procederà a costituire un sito Internet definito www.africanpeople.it, su cui sarò ben lieta di accogliere il lavoro di chiunque voglia contribuire ad arricchirlo. Questo è quanto. (Applausi).

FERRARIS. Ringrazio tutti per aver partecipato ed invito caldamente tutti a seguire il documentario davvero molto interessante (Applausi).

 

Intervista al Console della Namibia, dr Petter Johannesen, concessa a Milano il 21 febbraio 2010.

Emanuela Scarponi. Buongiorno. Mi chiamo Emanuela Scarponi e sono qui per divulgare il libro sulla Namibia scritto in collaborazione dell'Isiao.

Come stanno gli Himba che non vedo dal 1995?

Console onorario della Namibia. Stanno benissimo, grazie!

Emanuela Scarponi. Un caro saluto a tutti loro! Ho tentato sempre di ricontattarli, senza riuscirci.

Colgo questa occasione per conoscere da lei l’attuale situazione politica della Namibia, con particolare riferimento al tipo di democrazia.

Console onorario della Namibia. La Namibia è indipendente da venti anni. Abbiamo appena avuto le elezioni presidenziali e parlamentari che si sono svolte assolutamente in piena trasparenza e con grande soddisfazione. Il Presidente uscente Pohamba è stato rieletto. Il partito al Governo della Swapo ha mantenuto le sue quote, cedendo una piccolissima frazione. La Namibia è una democrazia compiuta che funziona. Non ci sono problemi di carattere politico!

Emanuela Scarponi. Quanti partiti ci sono?

Console onorario della Namibia. Ci sono una decina di partiti: otto partiti importanti e due assolutamente inutili. Pero abbiamo un sistema bicamerale, di cui una è la Camera alta, suprema, paragonabile alla Camera delle Regioni tedesca, fatta di persone nominate dal Presidente. Il sistema politico namibiano non è basato su una rappresentanza maggioritaria, ma proporzionale. Pertanto sono rappresentati anche i piccolissimi partiti. Ma la Swapo è il partito pesante della Namibia, e conta il 63 per cento della popolazione.

Emanuela Scarponi. Sono rappresentati gli Himba in Parlamento?

Console onorario della Namibia. Gli Himba non sono rappresentanti in Parlamento. Noi abbiamo una distinzione di carattere politico e non etnico. Ci sono partiti politici e sicuramente gli himba votano per la Swapo come gli Herero. In Namibia non c’è una rappresentanza etnica. Dal mio punto di vista è un grande passo avanti. Il Parlamento non deve rappresentare le etnie. I partiti sono trasversali alle etnie.

Emanuela Scarponi. Vanno dalla destra alla sinistra come in Europa?

Console onorario della Namibia. Non c’è destra o sinistra. Sono partiti giovani ancora legati alla rivoluzione, alla indipendenza ed alla lotta di classe, di acquisizione dei diritti.

Emanuela Scarponi. Siete tutti felici della indipendenza della Namibia?

Console onorario della Namibia. Molti namibiani bianchi di estrazione boera avrebbero preferito rimanere parte del Sud Africa ma con l’evoluzione del Sud africa credo che adesso stanno meglio.

Emanuela Scarponi. Mi può descrivere la situazione dei bianchi in Namibia?

Console onorario della Namibia. I bianchi subiscono ancora la discriminazione della maggioranza. Questo è un problema non solo in Sud Africa ma in tutti i mondi dove i bianchi sono stati sistema di potere e dove i neri sono stati tenuti lontano dalle scelte politiche. Adesso che è il rovescio devono accettare democraticamente lo stato dell'arte dato che sono in netta minoranza, (8,10 percento).

Emanuela Scarponi. Che mi dice del sistema scolastico?

Console onorario della Namibia. Il sistema scolastico è buono. La Namibia è uno dei paesi africani con un elevatissimo grado di scolarizzazione: il 94 per cento dei bambini va a scuola.

Emanuela Scarponi. Quali lingue studiano?

Console onorario della Namibia.. Studiano l’inglese e l’afrikaans. Ci sono anche le scuole tedesche.

Emanuela Scarponi. Il bantu si studia?

Console onorario della Namibia. No. È solo una lingua orale.

Emanuela Scarponi.Che mi dice del rapporto tra bianchi e neri in Namibia?

Console onorario della Namibia. Il rapporto tra bianchi e neri in Namibia è complesso soprattutto perché adesso che i bianchi soffrono di un complesso di superiorità non solo in Africa. In secondo luogo, gli africani prescindendo dal colore sono ignavi per natura. Non c’è differenza sostanziale tra bianco e nero. Fa parte del Dna. Immaginiamo che il bianco pensi come noi in Europa. Attribuiamo loro dei meriti che non hanno perché siamo illusi. Il bianco africano è identico al nero solo che noi, siccome siamo bianchi, li vediamo con occhi diversi ma se si scava in fondo sono uguali. Hanno un livello di educazione leggermente superiore e per questo sguazzano in questa loro apparente superiorità di conoscenza. Ma il rapporto tra bianco e nero è buono. In questo momento la convivenza è civile e la riconciliazione è stata compiuta.

Emanuela Scarponi.Da quante generazioni è in Namibia?

Console onorario della Namibia. Abbiamo bianchi di origine tedesca che vivono in Namibia dal 1870-'80.

Emanuela Scarponi.Quali sono i rapporti economici e istituzionali col nostro Paese?

Console onorario della Namibia. I rapporti economici e istituzionali con l'Italia sono fin troppo pochi e modesti, a causa di tre fattori: il mercato domestico namibiano è piccolo anche se ci sono due milioni di abitanti. Abbiamo qualche poche decine di migliaia di famiglie. Pertanto il mercato interno domestico è modesto ed è difficile per un operatore internazionale globalista come quello italiano andare in Namibia perché gli costa troppo ed allora usa il tramite commerciale che si trova in Sud Africa.

Quanto alle esportazioni namibiane, siamo molto forti per il pellame. Oltre il 70 per cento delle pelli prodotte in Namibia vengono in Italia; seguono poi la carne bovina, che vorremmo esportare maggiormente, la pelle di karakul prodotto straordinario, ed infine il turismo che sta diventando un elemento dell’economia interna importantissimo e l’Italia si affaccia in competizione agli altri attori europei.


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