Lo stenografo parlamentare e la sua evoluzione nella storia

 

Di tutto e di più si dice su questa figura concentrata ed attenta, orecchie e mani tese, pronte a scattare appena i fatidici parlamentari pronunciano una sola sillaba! Funzionano meglio di un registratore le preziose mani dello stenografo professionista che volano oltre la velocità del suono - grazie ad una tastierina ([1]) che permette di utilizzare cinque dita per volta per trascrivere, invece delle solite due che guidano la penna - contemporaneamente alle parole pronunciate da un oratore, specialmente laddove interviene fuori microfono e le cui parole non risultano dalla registrazione-audio

chi lo istituisce

La Costituzione disciplina la pubblicità dei lavori camerali in due noti articoli, in corrispondenza di due diversi aspetti delle attività parlamentari: all'articolo 64, in relazione all'Assemblea; all'articolo 72, in relazione alle Commissioni in sede deliberante-legislativa. Nel primo dei due articoli si dispone che le sedute delle Camere debbono essere «pubbliche» e che, «tuttavia ciascuna Camera e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta»; all'articolo 72 si stabilisce che sia il Regolamento delle Camere a «determinare» le «forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni».

Lo stenografo parlamentare è guardato con grande curiosità da tutti gli oratori, i cui ragionamenti lo stenografo incessantemente segue per cinque minuti consecutivi, enfatizzando e facendo proprio ragionamento teorico, tipico di una composizione scritta, interviene lo stenografo a chiarire, rendere comprensibile il pensiero di tutti.

E lo stenografo parlamentare effettua questa operazione con tutti: maggioranza ed opposizione, in eguale misura e con eguale trasparenza. Guai se così non fosse: ne verrebbe meno l'equilibrio del funzionario istituzionale che, a differenza di un giornalista, il cui compito è quello di dare una sua interpretazione di quanto espresso, deve rispettare il pensiero degli oratori tutti, a garanzia del principio democratico, alla base del nostro Paese. E così, da oltre un secolo, gli stenografi parlamentari occupano la loro postazione al centro di ogni Aula parlamentare democratica per "garantire" la pubblicità dei lavori parlamentari e rendere così fruibile ai cittadini tutti, senza distinzione alcuna, tramite la pubblicazione quotidiana del Resoconto stenografico, quanto avviene nelle Aule del Parlamento, solitamente considerato dai cittadini come organo estremamente lontano dalla vita quotidiana, quando invece al suo interno si decide l'andamento politico, economico e culturale di un Paese, la cui storia e progresso civile sono indispensabili per la sopravvivenza stessa dei suoi cittadini. E solo conoscendo ciò che accade tra queste mura si può prendere atto di quanto si decide e condividere, contrastare, avere una visione critica di ciò che accade e quindi maturare una coscienza politica. È stato introdotto anche un canale satellitare per trasmettere in corso d'opera le sedute parlamentari di Aula. "...Così è possibile dire oggi che rendono pubblici i lavori parlamentari tre grandi categorie di mezzi: quella diretto-testimoniale della presenza del pubblico; quella documentaria della comunicazione scritta; quella della comunicazione audio-visiva delle trasmissioni via etere. La prima forma - antica - non praticabile in tutte le sedi dei lavori parlamentare e non a tutti (contemporaneamente) accessibile; la seconda, se non propria ed esclusiva della modernità, impostasi con la modernità grazie alla introduzione della stampa e alla alfabetizzazione generalizzata, che rende la conoscenza dei lavori parlamentari potenzialmente disponibile a tutti; la terza, legata all'ultima modernità con la diffusione radiofonica, e alla prima post-modernità con la diffusione televisiva.

 

cosa produce

"...i resoconti, questi documenti a stampa, nei quali sono riportati le discussioni (i dieta), le deliberazioni (gli acta) e ogni altro accadimento proceduralmente significativo delle sedute parlamentari di Assemblea, di Commissione e di altre sedi collegiali delle due Camere: un vero e proprio genere letterario, con due specie redazionali (quella del resoconto sommario e quella del resoconto stenografico), a seconda di come viene riportata la parola parlata (in sintesi, nel sommario; nella sua interezza, nello stenografico). Documenti che non si esauriscono nella semplice operazione di trasferimento del parlato dalla oralità alla scrittura (con il trattamento della parola che questa operazione comporta), ma che riportano anche - come si è detto - l'annotazione dei modi e delle forme con cui la discussione si è svolta e la deliberazione è stata adottata, oltre che di quanto altro può avere caratterizzato l'andamento dei lavori: aspetti questi non sempre legati alla stretta verbalità e consistenti anche in comportamenti, i quali pure rientrano nella categoria dell'oralità, e che, annotati nel resoconto, ne vanno a costituire (per usare il lessico corrente) la cosiddetta fisionomia. Due aspetti caratterizzano dunque il resoconto: il mutamento della forma originaria della oralità nella forma definitiva della scrittura e l'attestazione dell'avvenuto non-verbale proceduralmente rilevante. Entrambi, in funzione della pubblicità dei lavori (ma anche della piena esistenza giuridica delle procedure documentate,".

 

la sua  storia

"La pubblicità dei  lavori parlamentari assicurata dai resoconti ai nostri occhi appare oggi nella natura delle cose; in realtà si tratta di una acquisizione relativamente recente: vi sono più di quattro secoli di Parlamenti senza resoconti e la storia di questi atti tipicamente parlamentari si intreccia significativamente con altre storie: quella del giornalismo politico e della libertà di stampa, e quella della nascita di governi responsabili, che hanno il loro avvio, in Inghilterra, nella seconda metà del Seicento. La difesa della libertà di stampa contro la censura politica, sostenuta da Milton fin dalla metà del secolo (1644) con il noto argomento che la verità prevale sull'errore quando entrambi possono essere liberamente attestati, sembra convincere i Comuni che, nel 1695, non raggiungono l'accordo sul testo della legge che avrebbe dovuto confermare la censura preventiva, con il risultato (forse non voluto) della liberalizzazione della stampa politica. La nuova libertà invogliò presto alcuni periodici ad avventurarsi anche sul terreno dei lavori parlamentari che - censura o no - continuavano ad essere al riparo della pubblicità, in forza di un privilegio che il Bill of Rights aveva riservato alla esclusiva competenza del Parlamento. Nascono i primi resoconti parlamentari; «resoconti-pirata», se si vuole, perché in violazione di quel privilegio: ma violazione tollerata, di buon grado o no, dalle Camere, per tutto il corso del Settecento, fino a che - come è destino di ogni fortezza assediata - anche quel privilegio venne espugnato, con la rinunzia ad esso, da parte dei Comuni nel 1803 e dei Lord nel 1807. Da allora i resoconti parlamentari divennero legittimi. Nel Continente, la Costituzione francese aveva consacrato qualche anno prima (1791) il      princìpio che le discussioni dell'Assemblea legislativa dovessero essere pubbliche e che i loro atti dovessero essere dati alle stampe, ma a quella data questo costituiva un uso ormai consolidato da decenni per la libera stampa britannica. Ma che genere di resoconti erano? Si trattava di semplici servizi giornalistici, non sistematici, saltuari, non integrali, di parte, affidati alla buona (o cattiva) volontà, se non alla fantasia, del reporter.

Questa era la situazione quando, nel 1803, W. Cobbett, volendo curare uno studio di storia costituzionale, prese a raccogliere ordinatamente servizi sulle discussioni parlamentari secondo i criteri critici della storiografia moderna; la raccolta, pubblicata settimana per settimana sul Political Register, finì per costituire una fonte di conoscenza dei lavori parlamentari integrale, affidabile, insostituibile: cioè, quel resoconto che sarebbe poi stato preso a modello da ogni Parlamento. Non politiche né giuridiche sono le origini di questo classico atto parlamentare, ma - almeno nella patria della «madre di tutti i Parlamenti» - ispirate alle esigenze della obiettività e della conformità al vero, proprie di una attestazione storica in senso moderno.". ([2]). Si annovera tra gli altri lo scrittore Charles Dickens, stenografo parlamentare del Parlamento inglese, la cui prima opera letteraria è The Pickwick Papers, concernente i pettegolezzi del Parlamento!

Da qualche anno a questa parte, la presenza dello stenografo parlamentare è prevista per prassi anche in sedi non istituzionalmente sancite dal Regolamento: Consiglio di occasionalmente anche in alcuni Consigli di amministrazione del Senato, ad esempio, proprio al fine di lasciare traccia di quanto viene detto, secondo il motto verba volant, scripta manent.

Se sono obsoleti o non questi stenografi parlamentari è la domanda che molti si pongono cui non segue mai alcuna risposta, dato che gli stenografi non hanno come compito quello di parlare ma di trascrivere, passando il più possibile inosservati!

Considerare - come a volte avviene - obsoleta tale figura è a mio parere estremamente pericoloso per la democrazia stessa di un Paese: pensare di lasciare tutto nelle mani di un giornalista è impensabile, come presero atto i Parlamenti nei secoli scorsi; di un registratore è altrettanto impensabile poiché ne deriverebbe l'impossibilità dì leggere ed analizzare gli atti; di un cosiddetto "sbobinatore" (in gergo tecnico, si intende colui che trascrive registrazioni audio) infine è altrettanto impensabile in un Paese altamente democratico e civile come si ritiene essere l'Italia, dato che ne deriverebbe una trascrizione verbatim del dibattito parlamentare, che sarebbe priva di elaborazione razionale e sistemica, propria di un accadimento verbale, tale che parrebbe al lettore apparentemente sconnesso e disordinato nei suoi vari momenti e nelle parole pronunciate ed in tal modo incomprensibile; di affidare infine questa funzione a ditte esterne sarebbe estremamente pericoloso per la trasparenza dei lavori parlamentari e sarebbe come tornare indietro nella storia!

 

Conclusioni

La questione rimane aperta, e da anni, nei vari Parlamenti europei ed extraeuropei, in attesa che le nuove tecnologie raggiungano un livello tale da non essere costretti più ad utilizzare personale addetto alla trascrizione pura e semplice: siamo,  cioè, in un   periodo   di   transizione   tecnologica e, realisticamente parlando, dovremo aspettare un po' di anni ancora perché personale addetto alla trascrizione pura (ad esempio, la dattilografia) sia da considerarsi obsoleto allorquando l'oratore parlerà al microfono e le parole emesse appariranno direttamente sul video. A quel punto sarà chiara a tutti la distinzione tra trascrizione e resocontazione. Allora resterà la figura del resocontista puro, colui cioè che interviene sul testo verbatim apportando quanto necessario per rendere perfettamente intelligibile il testo da curare al pubblico.

I tradizionali stenografi parlamentari utilizzano i mezzi informatici resi disponibili dalla tecnologia che consentono di passare rapidamente dal testo stenografato e trascritto (grazie ad un programma informatico ad hoc) direttamente su video alla stesura provvisoria del Resoconto con pubblicazione su internet dopo quarantacinque minuti circa dal pronunciamento dell'intervento. 

 

 

American Shortand Writer, Machine shorthand, Rowell § Hickox publishers, Boston june 1883, vol. III.

Despeissis ing. L. H., La sténotélégraphie (Sisteme Cassagnes), Paris Chaix 1886.

Ferro E., Primato dell'Italia nella stenografìa meccanica: macchina Michela - Conferenza tenuta all' Associazione della Stampa in Roma il 16 marzo Ì890 -, L. Roux & C, Torino, 1890.

Ferro E., L'avvenire della stenografìa in Italia, Istituto Fonografico, Roma, 1894.

Greco O., La stenografia e la macchina, Giornale-Album dell'Esposizione Nazionale di Torino, 1884.

La sténographie mécanique Michela, Annales Industrielles, Paris, 27 febbraio 1881.

La sténotélégraphie par G. A. Cassagnes, ìmprimerie Chaix, Paris 1884.

La sténotélégraphie, Annales Industrielles, Paris 4 aprile 1886.

La téìégraphie en multiplex et le sténotélégraphe Cassagnes, La Lumiere Electrique, Paris 28 marzo 1891.

Relazione della Commissione nominata il 25 gennaio 1880 dal Presidente del Senato del Regno (senatori Zini, Errante e Massarani).

De Alberti C, Manuale di stenografa sistema Michela, Roma 1897.

Relazione della Commissione nominata nel 1880 dal Presidente della Camera Farmi (on.li Baccarinì Presidente, Martini Brin, Marselli, Maurigi, Perazzi, Vare e Di Sambuy).

Relazione del II Congresso Pedagogico Italiano, Palazzo Brera, Milano 1863, ed. Dì Salvi, pag.150.

Vincenti G. La fonografia universale Michela e la fonotelegrafia universale Vincenti, L. Roux e e. Torino Ì893.

Vincenti G. Il Fonotelegrafo, Ivrea 1891.

Budan E., Le macchine da stenografare 1827-1905, Loro storia e descrizione illustrata, ìst. Ven. Arti Grafiche, Venezia 1906.

Caroni E., Il resoconto stenografico parlamentare e la macchina Michela (nel cinquantesimo anniversario della sua adozione al Senato del Regno 1880-1930) Agostiniana, Roma 1930.

De Alberti C, Manuale di stenografia sistema Michela, Agostiniana, Roma 1932.

AA. VV., Dizionario enciclopedico. Istituto della Enciclopedia italiana. Voce: "Michela".

AA. VV., Enciclopedia italiana Treccani. Istituto della Enciclopedia italiana. Voce: "stenografia". Voi. XXXII, pago 698 e seguenti, e illustrazione di pag. 707, 1948-1949.

AA. VV., Il Parlamento italiano 1861-1988, Nuova Cei, Milano 1989, voi. V.

Bertolìni G., La Stenografia parlamentare al Senato, ed. Senato della Repubblica, 1992.

Perinetti F. Un "orologiere" per Michela, Sentineila del Canavese del 24 luglio 1991.



[1] Per approfondimenti guardare bibiliografia.

[2]) «La pubblicità dei lavori parlamentari: modi e forme, corsi e ricorsi storici», di Giovarmi Bertolini, pubblicato su"Miscellanea di scritti", in occasione del XV Anniversario dell'Associazione ex dipendenti del Senato".

 


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