The White Lady of the Brandberg

di Emanuela Scarponi

Namibia

INTRODUZIONE

            Le pitture rupestri sparse in tutte le grotte e tra le rocce delle kopies nella maggior parte dell'Africa australe sono prodotte dagli antichi San.  Lo stile è simile a quello delle pitture rupestri preistoriche del resto dell'Africa e dell'Europa, dalla Tanzania  al Sahara, dal Nord Africa alla Spagna e Francia. La ovvia analogia nella forma e nello stile non è considerata abbastanza evidente per dimostrare una connessione etnica o persino culturale tra loro. Oggi i Khoisan non producono più pitture di questo tipo.

            Vi sono comunque resoconti che testimoniano las produzione di questi dipinti durante l'ultimo secolo  (ELA forse si potrebbe scambiare per una pittura risalente al 19 secolo, ma l'originale deve essere stato scritto prima del 2000. Le incisioni sembrano più antiche. In generale essi riproducono animali: gazzelle, antilpopi, elefanti, struzzi. Nel Sahara gli animali selvaggi dipinti permisero di datare le pitture. Ma questo non è sempre possibile nell'Africa australe, dove gli animali sono sempre i medesimi.

            La stratigrafia del colore mostra che i dipinti monocromi precedono quelli bicromi, e policromi. L'esatta riproduzioone degli animali può essere a volte sorprendente. I cacciatori sono dipinti soli o in gruppo, vi sono raggruppamenti sociali e cerimonie con uomini seduti in circolo. Le figure umane possono essere a volte sorprendenti. I cacciatori sono dipinti o soli o in gruppo, ma catturano l'agilità dei movimenti. Spesso si riconosce l'origine etnica delle figure: i khoisan sono piccoli, riprodotti con il giallo, rosso e marrone, i bantu sono alti e neri; gli europei indossano vestiti e sono armati di rifles.

Il periodo pre-Bantu risale ad un periodo anteriore al 1600; le figure europee risalgono ai secoli 18 e 19.

Non abbiamo bisogno di ipotizzare alcunché circa i riferimenti culturali, storici, quando si interpretano queste rappresentazioni.

Per esempio, gli abiti sumeri di alcuni dipinti non sono affatto sumeri ma mostrano il modo in cui gli abitanti delle montangne del Lesotho si vestono.  

            Allo stesso modo, la figura inusuale nella Gole di Tsinab in Namibia, chiamata

"La dama bianca di Brandberg", è senza alcun dubbio un uomo africano ricoperto di decorazioni bianche e beads secondo la tradizione di molti popoli africani.

La spiegazione per cui i dipinti avessero una motivazione magica semra plausibile, ma dobbiamo riconoscere lo stile, al di là della abilità tecnica, ed il senso estetico deli khoisan utilizzata che evidenzia il contatto con la natura e con un alto grado di partecipazione sociale.

La stabulizzazione dei Bantu in Africa australe è abbastanza recente. Risale ai primi secoli prima di Cristo. Comunque i movimenti migratori, con la formazione di nuovi gruppi etnici, non era ancora finita nel 19 secolo.

            Durante i continui studi, moliti resti archeologici sono venuti alla luce in relazione ai più antichi movimenti, i più impressionanti e più conosciuti dei quali sono quelli in Zimbabwe.

            I Bantu, comunque, si spinsero in avanti, espandendo i lori territori alle estemità Sud dell'Africa mescolandosi con i Khoisan che, trovandosi in minoranza, andarono verso Nord. Così la Namibia, che ha recentemente raggiunto l'indipendenza, non può essere trattata distintamente dal Sud Africa, da un punto di vista storico, geografico ed etnico.

         Particolarmente attraente e misteriosa appare la cosiddetta White Lady, una delle più affascinanti pitture rupestri dei San, conosciuti da noi come Boscimani, la più antica popolazione dell'Africa australe.

         In passato, la Dama Bianca ha suscitato molte controversie e sono state formulate numerose teorie contrastanti per spiegare la sua presenza nel Brandberg. Infatti, come appare dalla figura sottostante, tra le figure umane emerge chiaramente differente una figura umana di pelle bianca, che 1.800 anni fa, data cui sembra risalire la pittura rupestre, non era possibile riscontrare nell'area.

                                              

 

                                      Arte rupestre

         Nel Brandberg si contano circa un migliaio di pareti rocciose dipinte, per un totale di oltre 45.000 figure, soprattutto di uomini e animali. Il complesso pittorico della Dama Bianca si trova in una grotta chiamata "Maack Shelter" ("rifugio di Maack") dal nome del cartografo che per primo trovò il dipinto in epoca coloniale tedesca. Il complesso pittorico della Dama Bianca comprende numerosi soggetti, sia umani che animali (probabilmente orici) e misura approssimativamente 5,5 x 1,5 m.

         La Dama Bianca (in inglese The White Lady, in tedesco Weisse Dame) è un celebre dipinto rupestre situato in Namibia, sui monti Brandberg, nella zona del Damaraland. L'archeologia moderna attribuisce in genere il dipinto ai boscimani (San), ma altri dettagli della sua origine non sono noti. Il dipinto si trova nel cuore del Brandberg, grosso modo sulla strada fra Khorixas e Henties Bay, nei pressi della cittadina di Uis. Il sito è raggiungibile solo a piedi, al termine di un percorso di circa 40 minuti che segue una stretta valle nota come Gola di Tsisab (Tsisab Gorge).

                                    

            Il dipinto venne scoperto nel 1918 dall'esploratore e topografo tedesco Reinhard Maack, che stava cartografando il Brandberg per conto delle autorità coloniali tedesche. Maack fu impressionato dal disegno, e ne fece diverse copie, che in seguito inviò in Europa. Egli descrisse la figura con l'arco come un "guerriero", e annotò nei suoi appunti che "lo stile mediterraneo ed egizio di queste figure è sorprendente". Nel 1929, gli appunti di Maack giunsero nelle mani dell'abate francese Henri Breuil, antropologo e archeologo (ricordato tra l'altro per i suoi ritrovamenti nelle grotte di Lascaux), che era in visita a Città del Capo.

         Sulla base dei disegni di Maack, Breuil osservò che il dipinto aveva forti analogie con alcune figure di atleti ritrovate a Cnosso, e suggerì che potesse essere opera di un gruppo di coloni provenienti dal Mediterraneo orientale. Fu ancora Breuil a interpretare il soggetto del dipinto come "dama", lettura da cui deriva il nome attuale con cui l'opera è nota. Breuil riuscì a visitare il sito nel 1945, e negli anni successivi pubblicò le sue osservazioni e congetture prima in Sudafrica e poi in Europa.

         Il lavoro di Breuil diede origine a una serie di teorie che attribuivano il dipinto a una misteriosa presenza di popoli di origine europea o mediorientale in Namibia in tempi antichi. Alcuni autori sostennero in particolare che esso poteva risalire a un'antica colonia fenicia, teoria che è stata ripresa anche da autori recenti come lo storico zulu Credo Mutwa.

         Nella seconda metà del XX secolo la maggior parte delle teorie sulle influenze mediterranee nello sviluppo dell'Africa subsahariana vennero gradualmente abbandonate. La paternità del dipinto della Dama Bianca venne quindi attribuita più semplicemente ai boscimani (che popolavano l'area fin dalla preistoria, e a cui erano già stati attribuiti in modo meno controverso gli altri dipinti del Brandberg e l'arte rupestre presente in altri siti del Damaraland, come Twyfelfontein).

         Alle diverse teorie sulla paternità dell'opera sono state associate nel tempo ipotesi molto diverse sulla sua datazione. L'analisi cromatografica ha determinato che il dipinto non può avere meno di 1800 anni, in quanto risulta totalmente privo delle proteine originariamente presenti nei pigmenti utilizzati per dipingerlo.

Si ritiene che il gruppo della Dama Bianca rappresenti complessivamente una danza rituale, e che la figura predominante - la "Dama" - sia in realtà uno sciamano. Lo sciamano indossa coperture decorative alle braccia, ai gomiti, alle ginocchia, al bacino e al petto, e forse anche un indumento decorativo al pene. In una mano regge un arco, e nell'altra quello che potrebbe essere un sonaglio o una specie di calice. Tutte le altre figure umane indossano qualche tipo di calzatura, e uno degli orici è stato rappresentato con gambe evidentemente umane. Un'altra intepretazione è che la Dama sia un giovane col corpo cosparso d'argilla bianca secondo una procedura rituale, forse connessa alla circoncisione.

         I materiali usati per realizzare il dipinto sono probabilmente quelli tipici della pittura boscimane, ovvero principalmente polveri di pietra ferrosa ed ematite, ocra, carbone, manganese, e carbonato di calcio, miscelati con bianco d'uovo e altri liquidi di origine organica come aggreganti.

         Tutto il complesso pittorico ha subìto un notevole deterioramento dai tempi del suo ritrovamento. In passato, i turisti talvolta bagnavano la roccia per far risaltare meglio i colori nelle fotografie, e l'immagine si è rapidamente sbiadita. Oggi l'intero sito è un'area protetta, con lo status di "patrimonio nazionale" della Namibia, e può essere visitato solo insieme a guide autorizzate.

 

BIBLIOGRAFIA

Henri Breuil, (1948) The White Lady of the Brandberg: Her Companions and Her Guards, «South African Archaeological Bulletin»

Henri Breuil et al. (1955), The White Lady of the Brandberg. Faber & Faber, New York.

Clive Cowley, Journey into Namibia

Basil Davidson (1963), La riscoperta dell'Africa. Feltrinelli.

Credo Mutwa (1991), Indaba: La favolosa storia delle genti africane. Edizioni Red. White Lady of Brandberg, White Lady of Brandberg

H. Obermaier e H. Kuhn (1930), Buschmaankunst Aus SudwestAfrika. Schmidt e Gunther, Lipsia.


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