Ministero dei Beni e delle Attività Culturali 

Direzione Generale Museo

Inaugurata al Museo archeologico nazionale dell’Umbria una piccola ma significativa esposizione di preziosi reperti egizi appartenenti alle collezioni Guardabassi e Bellucci, collocabili cronologicamente tra il Nuovo Regno (momento di massima espansione dell'influenza egizia, dal 1552 a.C. al 1069 a.C.) e il periodo romano (a partire dal 30 a.C.) e provenienti prevalentemente dall’area di Tebe, l’odierna Luxor. 

Si tratta di amuleti protettivi, con funzione apotropaica, che dovevano accompagnare il defunto nel passaggio all’Aldilà salvandolo da interferenze negative. 

Raffigurano sia elementi simbolici (come ad esempio le statuine rappresentanti gli Shabti, la ranocchia, il nodo di Tit, il celebre occhio di Horus) sia divinità come Iside, Osiride, Anubis, e il sincretico Arpocratee rimandano ai cosiddetti Testi delle piramidi, Testi dei sarcofagi e, a partire dal XVII-XVI sec. a. C., al successivo Libro egiziano dei morti. Curata dalla stagista Maddalena Scattini, orientalista, della Scuola interattiva di specializzazione in Beni archeologici delle Università di Trieste, Udine, Venezia, in collaborazione con la direttrice del museo Luana Cenciaioli e l’apporto dell’archeologa Mafalda Cipollone, della restauratrice Silvia Bonamore e del tecnico Franco Fortini, la mostra “Seduzioni d’Egitto, materiali egizi dalla collezione del MANU” è visitabile fino alla fine di gennaio anche se, come ha affermato la stessa direttrice Luana Cenciaioli, è destinata a diventare definitiva e integrante a tutti gli effetti l’intera collezione museale esposta. 

Presente all’inaugurazione anche l’assessore alla cultura del Comune di Perugia Teresa Severini che ha rimarcato l’importante ruolo svolto dal Museo archeologico nazionale dell’Umbria di apertura verso altri orizzonti di conoscenza.  

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Comunicato stampa

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali 

Direzione Generale Musei

Scoperte fornaci per anfore destinate al consumo di vino nell’antica Roma

Grazie ad una campagna di scavi condotta (in concessione dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il tramite della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria) in due fasi (nel 2012 e dal 2016 a quest’anno) dall’Università di Cambridge e dal Politecnico di Milano, è stato scoperto un importante centro produttivo di epoca romana nella valle dominata dall’abbazia benedettina di Santa Maria Valdiponte a Montelabate (PG). A partire dal I secolo d.C., qui si producevano anfore vinarie, ceramiche per la cucina, laterizi. Se n’è parlato in una conferenza stampa svoltasi al Museo archeologico nazionale dell’Umbria cui hanno partecipato la direttrice Luana Cenciaioli, l’assessore comunale alla cultura, al turismo e all’università Teresa Severini, la responsabile dei lavoriMaria Letizia CeccarelliGiorgio Postrioti archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e paesaggio dell’Umbria.

In particolare, nella località nota anche per avere ospitato alcune scene del film “Il nome della rosa”, sono state rinvenute due fornaci rettangolari adiacenti. Una, di notevoli dimensioni (8m x 6), fu abbandonata perché la struttura si era danneggiata a causa dell’eccessiva esposizione al calore, l’altra, invece, più piccola, è risultata ben conservata e con gli archi intatti che supportano il piano su cui venivano cotti i manufatti. Quest’ultima è affiancata da un piccolo vano e da un pozzo circolare in cui veniva riposta l’argilla. Entrambe presentano una doppia camera per la cottura di manufatti tramite irraggiamento di calore, con temperature che arrivavano oltre i 900°C, senza esporre i vasi alla fiamma diretta. 

Gli scavi hanno confermato la creazione di anfore vinarie a fondo piatto, del tipo di quelle trovate per la prima volta a Spello. Erano utilizzate per il trasporto a Roma, via terra e tramite il Tevere, del vino umbro. La commercializzazione del rinomato vino proveniente dalla Regio VI (Umbria) è ben attestata dalle fonti antiche, in particolare da Plinio che parla del vitigno hirtiola. È stato anche appurato che, in seguito al crollo, nel III secolo d.C., delle esportazioni di vino a Roma, la produzione, almeno fino al IV secolo d.C., mutò la propria destinazione rivolgendosi prevalentemente al consumo locale. Al posto delle anfore si privilegiò, infatti, la realizzazione di ceramiche per uso quotidiano, tegole, coppi per la copertura dei tetti. Sabato 8 settembre sarà possibile accedere agli scavi con due visite guidate, alle ore 11.15 e alle 17.15, che comprenderanno anche l’abbazia e termineranno con la degustazione di prodotti locali. È obbligatorio prenotarsi. Info: 3519051931, email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 
 

Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio

e

Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio

per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo

e l’Etruria meridionale

Dall’Egeo al Tirreno

Capolavori ritrovati di contesti perduti

 

Inaugurazione della mostra

Venerdì 21 settembre 2018, ore 18.00

Cerveteri, Palazzo Ruspoli

 

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Il recupero dei beni trafugati è tanto più importante quando aggiunge un tassello alla ricostruzione della nostra Storia. In questo senso la mostra “Dall’Egeo al Tirreno. Capolavori ritrovati di contesti perduti” che inaugura al pubblico a Cerveteri nel Palazzo Ruspoli, il 21 settembre alle ore 18.00, assume rilevanza in quanto presenta al pubblico un significativo gruppo di opere recentemente riacquisite al Patrimonio italiano. Lo scavo clandestino e i traffici illeciti spezzano irrimediabilmente la trama che lega gli oggetti alle società del passato e alle comunità del presente. Solo nei casi più fortunati è possibile riannodare alcuni di quei fili. In quest’ottica ogni reperto conserva la propria voce e contribuisce alla narrazione storica solo se inserito nel proprio contesto di appartenenza. In rari casi, alcuni dei materiali rubati, dopo il recupero, possono ancora raccontare almeno una minima parte della loro storia e aiutarci a immaginare il mondo dal quale provengono.

È questo il caso dei vasi recentemente riacquisiti alpatrimonio italiano e esposti nella mostra, che appartengono a due importanti classi di materiali databili tra il VII ed il V sec. a.C. originarie dell’Egeo, ma destinate ad alimentare il lusso delleélites tirreniche e ad esibirne la ricchezza e il potere.

 

Informazioni e prenotazioni: 06.99552876;Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.